R itorno nella Romagna che mi ha adottato e trovo un grande amico in meno: Filiberto Muccioli, noto e illuminato imprenditore di Savignano sul Rubicone (foto in apertura: 1939-2024), titolare di diverse aziende tra le quali l'Ondaplast e la Saida di Longiano. Era ricoverato da qualche giorno in una clinica di Cotignola per un check up, mi nforma la moglie Miriam, lì l'ha colpito il dardo della morte. Dire di Filiberto un imprenditore è riduttivo. Certo, s'era segnalato con le sue aziende per lo sviluppo e il miglioramento costante dei macchinari, della sicurezza e della tutela ambientale, riuscendo a riutilizzare gli scarti generati dal processo produttivo. Certo, era proverbiale la sua bravura nell'acquistare materiale post consumo per trasformarlo in materia prima, il tutto con procedimenti attenti a non produrre inquinamento. Certo, era un modello il suo modo di gestire l'Ondaplast (produce packaging per settori industriali come il vetro, settore automobilistico, componentistica meccanica ed elettronica, industria farmaceutica e grafica), portando l'azienda con i suoi 140 amati dipendenti al terzo posto nella classifica europea. Ed era ammirabile anche per aver ereditato dal babbo Vincenzo, a soli 18 anni, il gruppo Saida e averlo guidato nella crescita in varie regioni italiane. Se dovessi indicare una parola chiave nella mente di Filiberto, quella è "futuro". In un mondo sempre più globale e sensibile ai temi ambientali e sociali lui continuava a guardare al mondo di domani con grande entusiasmo, con gli occhi di chi vede sempre e ovunque opportunità di crescita. L'avevo accertato un mese fa, quando gli ho spedito il numero speciale di National Geographic Italia dedicato alle nuove frontiere dell'industria vetraria e lui mi aveva chiamato per ringraziarmi del piccolo, utile dono: "Ho appreso molte novità su come si sta evolvendo il mondo del vetro. Ne sto parlando con i miei dirigenti". Ma è l'altra faccia del lato umano di Filiberto che merita di essere ricordata: quella di sostenitore, con riconoscimenti prestigiosi come il Lorn d'or, e con un ruolo apicale nell'Accademia dei Filopatridi, fondata a Savignano nel lontano 1801 (nei suoi registri nomi di soci illustri come il poeta Vincenzo Monti, Monaldo Leopardi padre di Giacomo, Massimo D'Azeglio: più info accademia-rubiconia-filop.org). E quella, più riservata, di grande benefattore: aspetto, quest'ultimo, affiorato solo nel 2017 quando regalò il restauro degli affreschi dell'abside della collegiata di Santa Lucia di Savignano, in occasione dei primi 50 anni di matrimonio. Ma tenuto sotto traccia in altre occasioni, sicché fu una pura casualità apprendere che alcuni apparecchi sanitari dell'Istituto romagnolo per lo studio dei tumori a Meldola, un'eccellenza del panorama sanitario di questa terra. Imprenditore illuminato, amante della cultura e del futuro, generoso mecenate: questo è l'uomo che la Romagna ha perso, e questo deve essere uno degli esempi per le nuove generazioni di romagnoli che storici affermati cone Roberto Balzani (fondamentale il suo Romagna pubblicato dal Mulino) e Maurizio Ridolfi ritengono "non più all'altezza delle generazioni passate: repubblicane, socialiste e cattoliche". Gente come Terenzio Medri, che portò in Romagna i libri da amare e gli scrittori dal mare, con altre figure eccellenti, già raccontate in passato, che abitano stabilmente nel mio ammirato Olimpo romagnolo. (s. g.)
|