Giovani, lanciamo la primavera europea! (E fatevi sentire a Bruxelles, più che a Roma, Atene o Madrid)
Oggi un giovane europeo su cinque è disoccupato, in alcuni Paesi uno su due. C’è voluto meno per spingere i ragazzi arabi a ribellarsi contro i loro governi. Ma che succederà se il nostro modello sociale non darà maggiore speranza?, si è chiesto Wawrzyniec Smoczynski, vicedirettore della sezione esteri del settimanale Polityka di Varsavia. Ecco la sua risposta, così come la ricavo dall’interessante www.presseurop.eu
In Europa il tasso medio di disoccupazione dei giovani è del 20 per cento e sale fino al 52 per cento in Spagna e in Grecia.
I pochi posti di lavoro disponibili, come nel Regno Unito, sono con contratti a tempo determinato. Il lavoro precario è l’ultima opzione per questa generazione perduta, minacciata dalla disoccupazione e dalla povertà. In Medio Oriente è bastato un tasso di disoccupazione giovanile del 26 per cento per scatenare le rivoluzioni arabe. In Europa non vi sono dittatori da destituire, ma quello che ha detto Monti, è indirettamente, un’ammissione di resa della democrazia di fronte alla crisi.
Il declino della gioventù è ancora ammortizzato dal modello sociale europeo, in particolare dal livello elevato delle pensioni dei genitori che possono in questo modo farsi carico delle spese dei loro figli precari. Ma che succederà quando questi genitori non ci saranno più o una volta che i governi greco, spagnolo e italiano ridurranno il livello delle pensioni?
Invece di partecipare a manifestazioni contro il capitalismo nelle loro capitali, i giovani dovrebbero marciare su Bruxelles esprimendo il loro attaccamento all’Europa. I ragazzi italiani e spagnoli dovrebbero esigere dai politici una rapida integrazione economica e i giovani tedeschi dovrebbero fare appello a quella solidarietà che sembra crudelmente mancare ai loro genitori. E dovranno farlo prima di diventare anche loro parte di questa generazione perduta, non solo dal punto di vista della ricchezza ma anche della democrazia. (Traduzione di Andrea De Ritis, 1/8/ 2012)